Philippe Meirieu, Una scuola per l’emancipazione.
Libera dalle nostalgie dei vecchi metodi e da suggestioni alla moda, Roma Armando, 2020
Questo non è solo un libro sulla scuola e sulla pedagogia ma anche di politica dell’educazione. Non è un caso perché la storia personale di Philippe Meirieu è quella di un uomo impegnato nella scuola, nella ricerca e nel mondo educativo ma anche sul piano politico e istituzionale. Dopo il 1989 è stato chiamato da Lionel Jospin per far nascere gli Instituts universitaires de formation de maitres (gli Istituti universitari in cui si preparano i futuri insegnanti). Subito dopo, da Claude Allegre fu chiamato a presiedere il Comitato di riforma dei licei francesi. Più recentemente è stato vicepresidente della Regione Rhône Alpes. Non c’è dunque da stupirsi che Meirieu abbia scritto un libro per entrare “nell’arena”, come titola la seconda parte del volume, un libro scritto con vis polemica anche per denunciare l’assurda nostalgia dei metodi didattici tradizionali a cui oggi guarda con attenzione, in Francia come in Italia, parte del mondo intellettuale. La colpa della cattiva preparazione degli studenti, si dice da più parti, sarebbe della pedagogia e dei pedagogisti, come se il lavoro sulle pratiche pedagogiche e l’attenzione alle discipline fossero in contrasto tra loro! Implicitamente qualcuno vagheggia il ritorno a una presunta età dell’oro in cui tutto andava meglio, a una scuola che “educava” in nome dei “valori” e del principio di autorità. Purtroppo, nota Meirieu, non basta spiegare bene perché gli allievi apprendano e non si possono formare cittadini se li si tratta da sudditi in un’aula trasformata in auditorium-scriptorium. Anche quella dei tradizionalisti, dunque, è una pedagogia, quella ereditata dalla “forma scolastica” nata nell’Ottocento, fondata sulla lezione trasmissiva, le classi omogenee per età, gli esami continui, la valutazione selettiva. Se non si va a mettere in discussione quel modello, ormai superato, non si può pensare a una scuola per il XXI secolo.
Dall’altra parte ci sono quelli che Meirieu chiama gli hyperpédagogues, i fans della pedagogia, che, sull’onda del ritorno al privato, pensano che rispetto del ragazzo voglia dire sottrarlo agli interventi della scuola, per loro natura irrimediabilmente repressivi. Nascono così molte “scuola alternative” le quali, grazie a qualche vago riferimento a Montessori (quest’ultima utilizzata più come un’icona da merchandising che realmente studiata), a Neill o a Steiner, con l’aggiunta di un pizzico di buddismo e di teosofia, affascinano oggi molti genitori. Dopo una lunga analisi di entrambi i fenomeni Meirieu conclude: “ E se la selezione elitaria sostenuta dai nostalgici e il rifugio nel privato sostenuto dagli hyperpédgogues costituissero un credo comune con cui da una parte si frammenta la scuola pubblica dall’interno e dall’altra si creano scuole private?” Lo lascerebbe pensare anche il fatto che, contrariamente alle attese, importanti settimanali francesi, come Le Point o Le Nouvel Observateur, dedicano articoli elogiativi a entrambi, come se le due posizioni non fossero affatto in contrasto tra loro. Alcuni giornali italiani non sono da meno quando lamentano l’eccessivo lassismo educativo in alcuni articoli mentre nello stesso tempo ne dedicano altri entusiasti per la nascita di scuole alternative. Di fronte a queste spinte centrifughe la sfida, secondo Meirieu, è quella di ridare alla scuola pubblica un senso per la Nazione e la collettività facendo in modo che i genitori vedano in essa la presenza di un progetto collettivo. Per far questo, va anche contestata l’idea che la scuola debba essere “pilotata” dalle comparazioni internazionali e da continue valutazioni istituzionali degli apprendimenti (l’efficacia della scuola non si può solo misurare con le cifre). E’ necessario assegnare alle valutazioni il giusto ruolo lasciando spazio alla pedagogia e all’inventività degli insegnanti e degli educatori, naturalmente dopo averli seguiti nella formazione. Bisogna trovare un giusto equilibrio e affrontare le questioni cruciali dell’educazione di oggi (sono i temi della seconda parte del volume): quali sono le finalità formative nella scuola? Quali conoscenze utilizzare per raggiungere le finalità? Qual è il ruolo delle neuroscienze? Perché esse ci offrono utili indicazioni ma è necessario evitare di farne un mito pretendendo che dettino una pedagogia? Come formare all’attenzione? Come costruire e praticare una valutazione esigente? Come costruire il senso del gruppo per formare alla cittadinanza? Al centro degli interessi della scuola deve stare il rallentamento della velocità imposta dalla vita consumistica, l’apprendimento dell’attesa per fare spazio al pensiero e alla riflessione. Non sono solo compiti della scuola, naturalmente, ma alla scuola resta un compito fondamentale: far scoprire ai nostri ragazzi il piacere di apprendere e la gioia di comprendere. Una sfida non da poco, ma possibile.
Qui il link agli articoli, alle recensioni e ai dibattiti suscitati in Francia dal libro:
https://www.meirieu.com/LIVRES/la-riposte.htm .
Qui una pagina con articoli e saggi di Philippe Meirieu tradotti in italiano da Enrico Bottero (curatore del volume) :
https://www.enricobottero.com/philippe-meirieu
Qui un breve video (in francese) in cui Meirieu presenta il volume:
https://www.youtube.com/watch?v=hTUn3UA4n-o