ADOLESCENTI E LOCKDOWN: COSA STA SUCCEDENDO?
di Maria Grazia Berlini
Come è vissuto da ragazzi e ragazze, adolescenti che stanno costruendo la loro identità futura, questo periodo storico. Quanti e quali pezzi di vita stanno perdendo? Di cosa sentono la mancanza e cosa, in concomitanza, “ingombra” le loro giornate? E, ancora, cosa stanno trovando in sé stessi e all’esterno
È nato dal desiderio di riflettere su questi aspetti, insieme genitori ed educatori, l’incontro con il prof. Gilberto Borghi, docente di scuola superiore, pedagogista clinico, autore di numerosi testi e docente presso l’I.S.S.R. di Forlì, e di cui si riportano i passaggi più significativi.
Una riflessione che intende fornire, con sguardo lucido, concreto e non pregiudiziale, una lettura delle tendenze attuali, che mostrano una chiara differenziazione di atteggiamento tra gli adolescenti riguardo al lockdown.
Tendenze non alternative e sommabili tra loro, identificabili in alcuni profili di comportamento e di risposta, da non intendere come etichette caratteriali, bensì quali osservazioni legate alle vicende della pandemia.
Questa situazione tende a moltiplicare ciò che già c’è, ad estremizzare l’esistente, e questo crea le condizioni per scegliere parti di sé da condividere.
Si può verificare come alcuni adolescenti in lockdown si trovano meglio di prima, altri attendono solo che finisca ed altri, infine, “ci stanno bene”.
- I ragazzi timidi e chiusi si trovano meglio di prima, in quanto legati ad alcune esperienze positive, rannicchiati abitatori di queste nicchie che tendono a moltiplicare, utilizzando tutte le loro energie per proteggerne lo spazio. Fuori dalla nicchia non si riconoscono e sono in difficoltà ad approcciarsi con la pluralità delle esperienze.
- Anche i “resistenti” impegnati politicamente, avendo impostato il loro stile sulla necessità di cambiamento della realtà, trovano che il lockdown dia loro ragione, confermi che vale la pena lavorare perché il mondo non sia come si presenta ora. Con la grinta idealista che li caratterizza, faticano ad abitare la normalità senza nemici da combattere.
- I “tecnici della sopravvivenza”, prevalentemente calati nel mondo informatico, sono convinti di poter risolvere tutta la realtà e, controllando i numeri, di poter controllare la pandemia. Sfidano la realtà attraverso la tecnica, per poter dimostrare che tutto si può controllare e sono in difficoltà a fare i conti con le proprie emozioni.
- Relativamente a loro agio i narcisi, persi nel desiderio di visibilità e riconoscimento. Self imaginator, perfezionisti impliciti, che mirano a migliorare sempre il loro aspetto. Il distanziamento sociale permette loro di riimmaginarsi come desiderano e presentare di sé, nei social e nei video che postano, l’immagine preferita. Sono in difficoltà a fare i conti con il loro corpo reale, che non riconoscono più se non mascherato da artifizi.
- Maggiormente riconoscibili gli spaesati, che non riescono a recuperare riferimenti garantiti cui guardare. In casa i genitori affaticati dalla situazione, potrebbero essere entrati in crisi e manifestarla senza controllo, fuori di casa hanno perso i riferimenti, oggi non più possibili. Nella vita reale si sentono isolati, sopraffatti da ansia ed angoscia, bloccati in mezzo al guado, indecisi se procedere o tornare indietro, rimandano la vita.
- Gli emozionalisti si sentono come leoni in gabbia, arrabbiati e contemporaneamente preoccupati di non vivere, trovano riferimento nella massificazione e sono in difficoltà ad accettare la regolazione sociale di questi tempi, che li fa sentire morti.
- I Galleggianti, che per sopravvivere alla vita riempiono il tempo in un vortice emozionale, fare sempre qualcosa di vario e nuovo per quietare l’ansia. Nell’immediatezza del momento, trovano un salvagente, che permette loro di non guardarsi dentro, nella paura di non trovarvi la propria identità.
- Molti adolescenti, però (e questo è un dato apprezzabile), provano a starci dentro. Artigiani, costruttori pazienti del puzzle di sé stessi, con equilibrio, non trovano strategie di compensazione. Accettano abbastanza di essere attraversati dai sentimenti di paura, noia o difficoltà, facendo riferimento al loro vissuto precedente alla pandemia. Non sono troppo spostati nel loro equilibrio personale da ciò che sta accadendo attorno, come accade invece a quanti scelgono il rintanamento sociale o, al contrario, le aggressioni a città e persone a cui si assiste e vengono testimoniate sempre più di frequente.
- Ed infine molti adolescenti rimangono positivi, per merito anche delle famiglie da cui provengono. Sentono la stabilità dei genitori, che non si sono persi né lasciati troppo travolgere dalle emozioni, hanno continuato ad essere credibili, fornendo loro la protezione necessaria.
E l’adulto, cosa può fare?
È bene che l’adulto si riappropri della capacità di rispondere ai bisogni essenziali degli adolescenti.
- Primo bisogno fra tutti è quello di essere nutriti, emotivamente e spiritualmente.
Ed ancora essere riconosciuti nel proprio valore di persona, nella propria individualità e per le capacità individuali. L’adulto continui ad osservarli con occhio limpido, a leggerne le cose buone, provare a credere che sapranno attraversare il vuoto di un pomeriggio senza troppi danni.
E continui a proteggerli dai rischi reali, non dalle proprie fantasie, preoccupazioni o paure.
- Secondo passaggio fondamentale per l’adulto, comunicare in modo umano. Ascoltarli in modo empatico, provare a capire cosa stanno provando. Il loro problema è e deve rimanere loro, ma l’adulto può offrirsi di aiutare a capire come l’adolescente si sente, mettere le luci sulle emozioni che prova, permettendone una elaborazione positiva.
- Altrettanto importanti i patteggiamenti comportamentali. Funziona elaborare con loro il tempo, lasciare spazio e possibilità affinché possano esprimere le loro opinioni nelle definizioni condivise di casa.
La più grande qualità dell’educatore rimane comunque quella di pazientare, accanto a loro, che i tempi si compiano. Non anticipare, perché se ne desidera la felicità, ma attenderne i tempi e i modi.
Condividere la vitalità, testimoniare la propria vitalità per progettare insieme alternative positive. Perché non è l’adulto che può decidere l’autorevolezza che gli adolescenti gli riconosceranno. Dipende da loro, i giovani, concederla se vorranno e quando lo riconosceranno credibile.
E un ultimo impegno, non facile né automatico per gli adulti, essere nella rete (né indagatori né scimmiottatori) per riuscire ad ascoltare oltre alla dimensione emotiva, corporea, razionale anche quella virtuale.