Arte Bambina

Ritratti ed Autoritratti

Astrid Valeck

Ogni volta che due persone si incontrano, in realtà sono presenti sei persone. C’è ognuna delle due come vede se stessa, poi ognuna delle due come è vista dall’altra e infine ognuna delle due come è realmente”

[W. James, Principles of psycology]

Da molti anni la scuola dell’infanzia statale di Meldola attua progetti in continuità con il nido d’infanzia. A differenza delle scuole dei territori circostanti le insegnanti hanno deciso di coinvolgere nelle attività di laboratorio le bambine e i bambini di 4 anni. La nostra è una scelta di discontinuità, che ci permette di fruire in tempi più lunghi delle scoperte fatte dai bambini e dei significati che restano. A 4 anni un bambino sembra non essere idoneo per affrontare certi percorsi, e vogliamo sottolineare il sembra, perché in realtà i bambini operano una sospensione nella comprensione dell’esperienza per poi “esplodere”. Li vediamo diventare più maturi e consapevoli delle loro competenze. Ciò che è importante sono allora i processi che si riescono ad instaurare e per noi insegnanti, il piacere di ritrovare nel tempo -cioè durante l’ultimo anno di scuola dell’infanzia- quegli apprendimenti che sono stati favoriti dai laboratori attuati nell’anno precedente. In quest’ultimo triennio lo sfondo e nel contempo lo strumento di conoscenza è stata l’arte contemporanea. L’intento è stato quello di avvicinare i bambini all’arte contemporanea vissuta come esperienza estetica. Punto di partenza, ogni anno, è stata l’opera d’arte, i suoi codici, i suoi linguaggi e i suoi materiali. Se i primi due anni il percorso è stato incentrato sugli oggetti, prelevandoli dal loro contesto quotidiano fino a decontestualizzarli e trasformarli in installazione estetica, la ricerca di quest’anno è stata incentrata intorno al ritratto e all’autoritratto. L’argomento guida è stato il ritratto e l’autoritratto nell’arte contemporanea. Uno degli artisti di riferimento per questa nuova esperienza è stato Mattia Moreni, le cui opere sono esposte alla Galleria d’Arte Moderna di Santa Sofia, infatti il percorso laboratoriale ha previsto l’incontro tra i bambini e la Galleria, come luogo di scoperta e di gioco. Gli incontri di laboratorio hanno affrontato il concetto di rappresentazione e presentazione della propria identità, attraverso l’osservazione del corpo e del volto, l’uso della fotografia e del disegno.

La ragione della scelta del tema si ritrova in due aspetti fondamentali:

– nell’esperienza dei bambini, in quanto già dai primi scarabocchi e dai segni che producono sul foglio, il tentativo è quello di riprodurre un volto;

– nella storia dell’arte, perché il ritratto è uno dei più diffusi e particolari generi d’arte.

L’auto-rappresentazione è il modo in cui ognuno di noi si vede. Comprende gli atteggiamenti, le percezioni e le idee relative a se stessi. Ogni persona ha un’unica e speciale rappresentazione di se stessa (ciò che chiamiamo identità) e in effetti ogni persona è unica e irripetibile. Alcune delle attività proposte ci hanno messo in condizione

di analizzare criticamente i modi nei quali ci vediamo. La citazione in apertura spalanca una finestra sulla varietà dei punti di vista che stanno alla base dei quesiti “Chi siamo noi?”, “Quante persone siamo noi?”

 

Concetti Chiave:

  • Auto-rappresentazione
  • Identità
  • “Negoziazione” della reciproca identità
  • Autostima

 

Nuclei Tematici:

  • Il corpo rappresentato
  • Il corpo produce segni
  • Il corpo si racconta
  • Il corpo come espressione

Davanti e sopra lo specchio

L’autoritratto (o auto-rappresentazione) aiuta ognuno di noi a conservare un senso di continuità e di coerenza. L’arte contemporanea offre numerosi esempi di rappresentazione dell’identità affini all’agire delle bambine e dei bambini: l’impronta del corpo, il movimento, la gestualità, la fotografia, la manipolazione della materia. Per questo è importante partire dalle opere d’arte e considerare che ognuno ha un differente modo di esprimersi, comunque valido perché personale. Parlare di autoritratto non significa esclusivamente considerare la parte grafica dell’espressione. La validità dei percorsi proposti dalle esperte, mediante l’osservazione del corpo e del volto davanti allo specchio (smorfie), è rinforzata e resa esplicita dalle parole dei bambini. Attraverso momenti conversazionali di gruppo, individuali e a coppie, si è preso atto e sono state valorizzate sia le proprie qualità personali sia quelle dei compagni. Il valore degli incontri con gli esperti si estrinseca, a nostro avviso, ogni volta che gli insegnanti, individuano, con i bambini, le direzioni di senso per l’esperienza appena realizzata. Accanto a nuove modalità di rappresentazione di sé – come l’autoritratto sopra lo specchio, si è reso necessario un approfondimento. Ciascun bambino ha potuto raccontare di sé, del suo amico, del suo passato, o rispecchiarsi in ciò che raccontavano di lui i suoi compagni. È quindi possibile ri-conoscersi attraverso la conversazione con i compagni e il rispecchiamento: come ci vediamo e come ci percepiscono gli altri.

Quentin Blake, Arnulf Reiner e i mostri

Il desiderio di disegnare bene o come gli adulti, o come un fratello più grande, o la semplice imposizione quotidiana dentro determinati parametri di spazio o di uso del colore, possono portare alcuni bambini a rifiutare il disegno e a dire:” non sono capace”. Ci è sembrata una valida strategia provare a giocare con le trasformazioni rendendo umoristici o paurosi, prima i ritratti e poi gli autoritratti. Il testo Disegnare. Corso per geniali incompetenti incompresi 2, ci ha guidate in questa ricerca. Anche l’uso di materiali differenti dai soliti pennarelli, come ad esempio la stoffa da ritagliare e incollare si dimostrata efficace per inventare ritratti di mostri che sanno far paura o far ridere. L’artista Arnulf Reiner ha realizzato il proprio autoritratto con la fotografia offrendo movimento all’immagine, attraverso il gesto e il colore. Abbiamo utilizzato lo stesso mezzo interpretandolo in chiave autoironica, con l’ausilio di una videocamera e di un televisore: è stato possibile ammirarsi in tv e nel contempo essere fotografati. Così, i bambini potevano immediatamente vedersi in tv ed essere visti dagli amici.

 

Mi presento…ovvero la mia carta d’identità

La proposta dell’esperta prevedeva di partire da una comune carta d’identità, con tutto ciò che essa riporta: dalla foto alla firma, dal colore degli occhi all’altezza. Alcune delle richieste prevedevano conoscenze non ancora interiorizzate dai bambini, come quelle relative all’altezza misurata in centimetri. Con opportune modifiche lo strumento è stato utilizzato quale documento di passaggio per la scuola primaria. C’è, ad esempio, il proprio autoritratto realizzato osservandosi davanti allo specchio, c’è disegnato e descritto a parole chi e che cosa mi piace e mi fa felice o non mi piace e mi rende triste; la mia casa e chi vi abita; chi o che cosa vorrei portare con me alla scuola primaria e le aspettative intorno a ciò che si immagina della scuola riportare in una lettera per la futura maestra.

 

Le sagome di Syssi

Riproponendo le opere dell’artista Syssi, si è voluto provare a costruire delle identità immaginarie, partendo dai vissuti, dai ricordi, dalle emozioni e dai sogni delle bambine e dei bambini. Attraverso questa ricerca si favorisce la costruzione di un’identità competente, si valorizza ogni bambino per quello che è, soprattutto si permette agli amici di conoscerlo nella sua peculiarità. Ogni “pezzettino di sé” è stato raccolto e conservato in archivi personali, gestiti dal singolo e a disposizione di tutti. Preziosa la collaborazione dei familiari per scegliere con i propri figli i materiali: dalle foto alle filastrocche preferite, dai giochi agli alimenti, che sono stati custoditi in scatole da scarpe e oggetto per molto tempo di socializzazione tra i bambini, attraverso conversazioni di gruppo, o in coppia oppure attraverso giochi di “scoperta dei gusti/interessi” degli amici, in piccoli e autonomi gruppi. A turno i bambini sono stati invitati ad aprire la propria scatola, a mostrarne il contenuto e a parlare di sé. A volte è stata l’insegnante a giocare e “a scoprire” il bambino, descrivendone i gusti o gli oggetti mano a mano che li ha estratti dalla scatola. È stata un’attività che ha coinvolto tantissimo i bambini e che ha richiesto tempi lunghi per soddisfare tutti e più volte. Sono state incontrate molte difficoltà nel gestire il gruppo, perché i bambini faticavano a comprendere che l’attesa per raccontarsi poteva durare più giorni. Come era anche difficile aspettare seduti e in silenzio i tempi e i silenzi di alcuni amici. Altrettanto preziose le attività proposte per abituare le bambine e i bambini a parlare in modo esplicito e non superficiale dei propri sentimenti e dei propri pensieri su tematiche personali: spesso si è dimostrato utile partire da uno sfondo di tipo fantastico, altre volte partire dalla manipolazione.

La costruzione delle sagome ha richiesto momenti di confronto tra e con i bambini su cosa collocare nella zona testa, zona stomaco, zona gambe e zona cuore.

NELLA TESTA …

  • l’ho messo nella testa perché mi fa pensare a io che sono un po’ cresciuta. Io penso qui, nella mia testa. Ci metto le foto che mi fanno pensare a quando ero piccola, le ninne nanne, i cartoni animati.
  • Nella mia testa ci sono i ricordi e i pensieri e poi anche il cervello. Ci voglio mettere una storia che mi raccontavano all’Elefantino Bianco.
  • Ci sono i sogni. La musica, mi fa sognare. Nella foto c’è il papà che mi tiene in braccio: è un ricordo.

In corrispondenza delle gambe i bambini hanno individuato tre possibilità di intervento: dove sono stato, da dove vengo e dove voglio andare, cercando nelle scatole cartoline, foto, piccoli oggetti o ricordi.

NELLE GAMBE…

  • Nella gambe c’è la strada che faccio per camminare e andare con gli altri.
  • Ci metto la cassetta di musica del Marocco. Perché abitavo lì.
  • Con le gambe cammino per andare nei posti.
  • Le gambe da camminare…da piccolo con le gambe imparavo a stare in piedi sul lettino.
  • È qui che voglio portare le mie gambe…a Forlì (dal mio papà).

Le impronte delle mani e delle scarpe, in corrispondenza di mani e piedi hanno concluso l’opera.
L’impronta della suola delle scarpe al posto di quella dei piedi è stata scelta …”perché noi per camminare e andare nei posti usiamo le scarpe”.

Per ciò che riguarda il cuore il discorso è stato più complesso. In quanto sede di sentimenti ed emozioni non si poteva ridurre l’operazione ad una semplice rappresentazione grafica del cuore. “La scarsa confidenza con il mondo delle sensazioni e delle emozioni 3” che determina l’incapacità di molti adulti di riconoscere ed esprimere il loro mondo interiore e di esercitare un “reciprocità comunicativa” volta a comprendere se stessi e il mondo sembra coinvolgere anche i vissuti infantili. A questa età, si può imparare a dare un nome alle emozioni, ad esprimerle anche metaforicamente attraverso altri linguaggi, come quelli della materia. Si è superato lo stereotipo del cuore rosso tipo San Valentino conversando con i bambini su come si poteva rappresentare il proprio stato d‘animo, cercando tra le stoffe morbide-ruvide-pelose-lisce; appallottolando, tagliando un piccolo pezzo, oppure appiattendolo contro il cartone della sagoma. Sono nati cuori fuxia, blu, neri, rossi, grandi e piccini, comunque differenti gli uni dagli altri. Le colleghe della sezione parallela alla nostra hanno trovato strategie efficaci per il loro gruppo, partendo dal racconto fantastico per poi giungere alla rappresentazione iconografica, alla manipolazione e all’espressione linguistica. Queste attività hanno preceduto la realizzazione delle sagome.

NEL CUORE…

  • È un cuore che ha paura. La paura è blu come la notte. È grande la paura e anche il cuore che ho fatto è grande. È morbido che batte. Diventa un po’ grande e un po’ piccolo se provi a schiacciare.
  • Nel cuore ci sento la felicità…adesso…ma è anche il posto di quando sono triste.
  • Questo è il mio cuore, è felice. È duro e fuxia e non scappa. Non scappa, perché pensavo che poteva anche uscire!
  • È un cuore grande, morbido e rosa. È grande perché quando piango mi batte fortissimo.

Nello stomaco sono stati incollati gli involucri e i ritagli di giornale con illustrati i cibi preferiti e non suddivisi in due insiemi. Sarebbe stato interessante proseguire la ricerca in ambito alimentare per provare gusti e sapori nuovi per qualcuno, ma già apprezzati e amati da altri. Invece, l’interesse si è un po’ arenato e gli stimoli non sono stati colti.

I “MORENI” DI SANTA SOFIA

L’uscita alla galleria d’arte moderna, concretizzatasi alla fine dei percorsi di laboratorio, anziché all’inizio, si è dimostrata vincente. Solo conoscendo in modo approfondito ciò che si va ad incontrare si può apprezzare appieno il valore di ciò che si ha di fronte. I bambini conoscevano le opere di Mattia Moreni, perché avevano avuto sottocchio le sue riproduzioni per tutto l’anno scolastico. Solo non potevano sapere che i quadri, per la loro dimensione, avrebbero occupato quasi una parete intera, né che avrebbero potuto toccarle o fare finta di dipingerle. Nel tempo i bambini e gli adulti si allontanano dall’opera d’arte, perché si fatica a comprenderla. Ma l’intento dell’arte contemporanea è proprio quello di creare un’interrogazione comunicativa, perché è solo sorprendendoci che noi ci fermiamo a fare delle ipotesi. Ci costringe, cioè, a considerarla non solo per l’aspetto ludico-creativo , bensì per le sensazioni e le emozioni che suscita.

 

COSA CAPISCONO I BAMBINI… (E GLI INSEGNANTI?)

Adoperiamo questo sottotitolo perché spesso durante gli incontri di programmazione – verifica tra noi insegnanti, uno dei dubbi più frequentemente esternati è proprio l’affermazione contenuta nel titolo. I nostri sono momenti circolari di confronto e scambio sulle direzioni di senso e su quali aspetti ci sono sembrati particolarmente efficaci. Non crediamo sia possibile preventivare tutto a priori, o che sia sufficiente una programmazione dettagliata per unità didattiche per “controllare” tutte le direzioni che l’educazione può prendere. O forse, ci piace essere sorpresa dai suggerimenti dei bambini per sapere dove stiamo andando. Delle tre sezioni di 4 anni coinvolte nei laboratori, ognuna ha poi preso strade differenti incentrando la propria ricerca su quegli aspetti che più interessavano i bambini: le emozioni, l’autoritratto, il racconto di sé. In una delle due scuole dove i bambini di 4 anni erano 40, si è preferito organizzare i laboratori in intersezione modificando anche l’organizzazione dei team e creando due sottogruppi di 20 unità ciascuno. Certo, numeri così elevati rendono complessa l’attività laboratoriale, ma la disponibilità di ore preventivate con l’esperta ha reso necessaria l’impostazione attuata. Fondamentale la disponibilità di ciascuna insegnante a proseguire ed ampliare in sezione gli input forniti dall’esperta. Ogni tanto, quando ci troviamo al posto giusto nel momento giusto, le risposte sulla meta si riescono a cogliere. Quasi mai la comprensione viene dimostrata al termine di un percorso ben stabilito o segue una linea retta che va dagli obiettivi ai risultati. Cosa hanno capito i bambini a proposito di identità, autostima, rispecchiamento, memoria, emozioni? Sono servite le strategie e i percorsi attuati?

La risposta ce l’ha fornita un bambino, durante una conversazione “filosofica” intorno alla parola TEMPO. Una conversazione apparentemente lontana nei tempi e nei percorsi. Diciamo apparentemente perché siamo noi adulti che forniamo i ritmi delle attività, ma non quelli degli apprendimenti, che probabilmente non sono né sommativi nè sequenziali.

“ … nelle sagome c’è il TEMPO, perché può stare nei bambini e nei genitori. Nelle sagome ci mettiamo tutte le cose, i giochi, le foto di adesso e di quando eravamo piccoli. Ci sono i ricordi. È LA NOSTRA STORIA…

 

Cosa hanno imparato gli insegnanti? Parliamo in modo del tutto autobiografico. È inutile cercare e proporre autostrade su cui si viaggia in una sola direzione, in cui non sono consentite inversioni di marcia e riservate esclusivamente ad alcune categorie di veicoli. I bambini sanno fornire gli spunti per le direzioni di senso che gli sono utili per imparare. È molto difficile cogliere le loro tracce, ma non impossibile. Esistono tantissimi modi per raggiungere i medesimi obiettivi; avventurarsi in ciò che non si conosce non provoca smarrimenti duraturi. È bene imparare a chiedere aiuto e a non temere il confronto con le altre persone. Ci si arricchisce nelle esperienze e nei rapporti umani. Ogni tanto di fronte ad un bambino che “rifiuta” di rappresentarsi o di raccontarsi, è salutare provare a chiedersi quanto siamo disposti noi adulti a “lasciar andare di noi” senza il timore di perderci o scoprirci troppo. Educare significa mettersi in gioco come persona, con tutte le implicazioni che la relazione e la comunicazione richiedono. È un saper andare oltre “l’essere professionisti” per trovare l’uomo o la donna che siamo e che vogliano donare agli altri. Anche la presenza di esperti, che hanno abbozzato i percorsi di laboratorio lasciando a noi insegnanti il compito di portarli a termine con gruppi molto numerosi di bambini (in media 28), è importante, per superare la logica dilagante della didattica a pacchetti (3 ore di educazione stradale, 5 ore di educazione motoria, ecc.). Non è utile né per me insegnante né per i bambini un’idea progettuale che inizia e termina in un’ora di incontro con l’esperto. È il lasciare in sospeso perché si trovino le tracce che arricchisce e rende unica un’esperienza, che può essere riproposta o mutuata da altri, ma è diventata solo nostra.

(1) Esperienza selezionata da INDIRE e inserita nelle Best Practice della banca dati Gold anno 2004. L’esperienza è descritta ampiamente nel volume a cura di A. Valeck, Arte e identità. Per un’autobiografia a 4 anni, ed. Il Ponte Vecchio, Cesena, 2005
(2) Q.Blake e J.Cassidy, Disegnare. Corso per geniali incompetenti incompresi, editoriale Scienza, Trieste, 1999
(3) M.Dallari, L’arte come educazione sentimentale, editore Art’è, Bologna, 2002, p.8

Bibliografia

Q.Blake e J.Cassidy, Disegnare. Corso per geniali incompetenti incompresi, editoriale Scienza, Trieste, 1999
L. Carroll, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie-attraverso lo specchio, Mondadori, Milano, 1987
M.Dallari, L’arte come educazione sentimentale,editore Art’è, Bologna, 2002
G. Giornelli, A. Maioli, Educazione linguistica interculturale, Erikson, Trento, 2003
A. Valeck, Arte e identità. Per un’autobiografia a 4 anni, ed. Il Ponte Vecchio, Cesena, 2005